ICS - Credito Sportivo


La nostra storia
Viareggio Cup





1947: nasce il CGC
Il Torneo di Viareggio è la prima grande intuizione del ‹‹Centro Giovani Calciatori›› fondato nel 1947. L’anno dopo nasce l’embrione della manifestazione, in una città che voleva lasciarsi alle spalle la tragedia della ‹‹Seconda Guerra Mondiale››. Il simbolo dello spirito viareggino prende corpo in un gruppo di appassionati di sport, capitanati dal fondatore Torquato Bresciani. Storia di pionieri, di gente coraggiosa e desiderosa di mettersi in gioco a favore dei giovani. E’ l’Italia che riparte basandosi sulle nuove generazioni e sulla loro voglia di ricostruirsi un futuro anche attraverso lo sport più popolare. Mezzi pochi, idee tante, che si focalizzano nell’organizzare un torneo cittadino di calcio con squadre rionali rappresentate per lo più da bar, luogo di ritrovo e di aggregazione sociale. Il primo ‹‹hurrà›› è del Bar Lencioni che supera il Bar Fattore per 3-0. Un assaggio organizzativo, un preludio a quella ‹‹Coppa Carnevale›› che è destinata a contendenti di ben altra caratura nazionale e internazionale. Infatti il ‹‹vero›› Torneo di Viareggio inizia nel 1949. Al via dieci club. Due squadre francesi: Olimpique Nizza e il Rapid Mentone. Una Svizzera: il Bellinzona. Poi sette italiane: Fiorentina, Lucchese, Lazio, Sampdoria, Milan più due rappresentative giovanili di Viareggio e di Livorno. E’ il Milan a mettere la prima grande firma sul torneo ormai lanciato verso un futuro sempre più radioso. Ma il primo talento ad emergere è il viola Sergio Cervato, che diventerà in seguito una colonna della nazionale italiana.

È l’inizio di una tradizione storica che pone la Coppa Carnevale come il primo autentico trampolino di lancio per i giovani calciatori. Nella seconda edizione è l’ora di Giorgio Ghezzi, portiere ‹‹acrobata›› del Modena che nel tempo diventerà un mito del calcio milanese. Non solo calciatori. Anche gli allenatori emergenti trovano lo slancio definitivo nel ‹‹laboratorio viareggino››. Nel 1950 Fulvio Bernardini porta la Roma in finale contro la Sampdoria. Vincono i blucerchiati, ma il ‹‹dottore›› mette le basi di un futuro ambizioso che lo porterà a vincere due scudetti storici, prima con la Fiorentina e poi con il Bologna. Inizia l’era delle grandi firme anche dalle panchine.

Il torneo ha preso davvero il volo, tanto che il Comune decide di ristrutturare lo stadio cittadino per far fronte alle nuove prospettive offerte dal CGC che porta le sfide a svolgersi anche su altri campi toscani. Perfino una finalissima nella vicina Pisa nel 1959. La ‹‹trasferta›› sorrise al Milan ai danni del sempre quotato Partizan di Belgrado. Gli Anni Cinquanta vedono il predominio dei rossoneri di Milano con cinque successi, due quelli di Sampdoria e Vicenza.

Tra le grandi spunta anche la Juventus, che però manca (1954) la vittoria in finale contro il Vicenza. E in questa occasione ‹‹la giovanissima›› RAI trasmette per la prima volta la diretta del secondo tempo della finalissima. Un evento incredibile per quei tempi, un grande passo nella moderna tecnologia e proprio sul Torneo di Viareggio. La città di Vicenza è tutta dentro i bar per vedere il successo dei biancorossi (i televisori infatti erano ancora rari nella case degli italiani all’epoca). La storia della televisione italiana è passata anche da Viareggio e dal suo grande torneo giovanile di calcio. In mezzo a tanta Italia, ecco il Partizan Belgrado, primo club straniero a trionfare (1951) allo Stadio dei Pini, seguito poi dallo Sparta Praga (1956). In questo periodo tra i baby d’oltralpe emergono lo slavo Milos Milutinovic ed il tedesco Uwe Seeler, due attaccanti importanti in chiave internazionale che danno ancora più lustro alla manifestazione, che ormai è sempre più sull’agenda dei grandi club.
 

 

Il secondo decennio
Il secondo decennio si apre ancora con un successo del Milan, che chiude l’era milanista e lascia spazio ad altre realtà giovanili. I vivai italiani sono in fermento, anche dietro lo stimolo della Coppa Carnevale. Un appuntamento che segna la stagione delle società più votate alla coltivazione e valorizzazione dei giovani. Nel 1961 è la prima volta della Juventus, che non ha grandi campioni nei suoi ranghi, ma tanta voglia di rivalsa. I talenti invece emergono in altre realtà: l’Udinese presenta in porta Dino Zoff, l’Inter il terzino Giacinto Facchetti, il Bayern Monaco ha tra i pali Sepp Maier. L’anno dopo il testimone passa all’Inter che mette in vetrina una coppia d’attacco formata da Sandro Mazzola e Roberto Boninsegna. I nerazzurri rimandano ancora una volta il sogno della Fiorentina di trionfare in Versilia.

Per la prima volta il torneo fa capolino in tv nei notiziari sportivi nazionali. E’ il 1963 quando scatta una così fondamentale cassa di risonanza. In questo nuovo contesto mediatico è la Sampdoria a farla da padrona sul Bologna, che ci riprova nell’edizione successiva ancora con poca fortuna. I felsinei sono battuti dal Dukla Praga. Nel 1965 entra in gioco il destino che si schiera dalla parte del Genoa. La finalissima con la Juventus, prima sospesa per pioggia e poi rigiocata alla pari fino ai rigori (non erano ad oltranza) si decide per sorteggio. Il regolamento parlava chiaro fin dall’inizio, ma la decisione è amara in chiave prettamente sportiva.

Finalmente sboccia il giglio viola. Diciotto anni di inseguimento ed ecco il trionfo della Fiorentina con la stella Luciano Chiarugi. La finale vinta sul Dukla Praga resterà nella storia del torneo per la presenza record di spettatori allo Stadio dei Pini: ben dodicimila sugli spalti, più altri ottomila ai bordi del campo, col permesso dell’arbitro De Marchi. Uno spettacolo incredibile di folla entusiasta quello del 21 febbraio 1966, il picco di presenze per il CGC. Tocca anche al Bologna finire nel firmamento della Coppa Carnevale. E’ pure la prima volta di un club russo in piena guerra fredda. Da Mosca arriva il Burevestnik. Tra i talenti brilla Franco Causio della Juventus mentre la Fiorentina manca il bis proprio sul più bello. Nel 1968 la Juventus, tra cui emerge il goleador Roberto Bettega, giunge in finale con troppi infortunati e lascia spazio al ‹‹solito›› Dukla Praga, club ceco ormai di casa a Viareggio. L’anno dopo va in scena una finale inedita in un torneo stranamente privo di lampi: Atalanta-Napoli. Vincono i nerazzurri con doppietta di Novellini.

 
 

Anni Settanta: torneo mondiale
Il Torneo di Viareggio si apre al mondo. Non solo Europa. Arrivano i club cinesi, statunitensi e argentini, ma è il Dukla Praga che spadroneggia tra le società straniere con tre successi. Comunque sono soprattutto gli anni della Fiorentina che trova il passo da torneo con quattro trionfi. Il vivaio viola sforna talenti a ripetizione, tanto che alcuni esordiscono in prima squadra ancor prima di cimentarsi nella Coppa Carnevale. E’ il segno dei tempi: chi investe sui baby è subito ripagato. Antognoni, Roggi, Caso, Desolati, Guerrini, Di Gennaro, Bruni e Restelli non nascono per caso, sono frutto di intuizioni e di passione vera. In questo dominio fanno capolino anche l’Inter, la Sampdoria e il Napoli (1975) col suo primo successo. La Roma non ha fortuna, ma presenta fior di giocatori come Bruno Conti, Di Bartolomei e Rocca. E’ la solita parata di stelle a divenire, di anno in anno si rinnova il rituale di sempre con l’interesse intorno ai giovani in crescendo esponenziale. Anche il Torneo di Viareggio contribuisce così ai trionfi azzurri che verranno dopo pochi anni. Nel 1978 la Juventus presenta Paolo Rossi, sgusciante attaccante. Un’anticipazione di quello che passerà alla storia come il mitico ‹‹Pablito››. Il Milan ha i suoi gioielli in Franco Baresi e Fulvio Collovati. Nell’Atalanta brilla la classe di Gaetano Scirea. L’altro Baresi (Beppe) è l’alfiere dell’Inter dove giocano pure Walter Zenga, Gabriele Oriali e Ivano Bordon. Una vetrina incredibile di futuri campioni.
 

 

Anni Ottanta: Sacchi e Capello, primi passi
Il calcio italiano passa dall’inferno del calcio scommesse (1980) al paradiso del Mundial di Spagna (1982). Sarà proprio Paolo Rossi, il giocatore simbolo delle due opposte vicende, ad essere comunque protagonista. In tale contesto il torneo va avanti a gonfie vele e presenta il fior fiore dei club mondiali a partire dal Real Madrid, passando per Celtic, Porto, Stella Rossa, Ajax, Dinamo Zagabria, per finire al River Plate e al Palmeiras. Grande è lo sforzo organizzativo del CGC. I giovani sono sempre la parte più pulita del calcio e la gente guarda a loro come veicolo di purificazione. Tocca al Torino vestire i panni del ‹‹pluritrionfatore››.

La scuola del Filadelfia detta legge nel decennio con quattro successi (1984, 1985, 1987, 1989) su cinque finali raggiunte. Sergio Vatta è il tecnico-timoniere che lancia Lentini, Comi, Fuser, Osio, Cravero, Carbone e Dino Baggio. L’altro Baggio (Roby) si rivede nella Fiorentina (1986) dopo l’infortunio al ginocchio patito nel Vicenza. Sta nascendo un grande del calcio italiano, un fantasista dalla classe purissima che farà divertire milioni di appassionati. Il trampolino di lancio è sempre Viareggio anche per il ragazzo di Caldogno. Con lui la Fiorentina esce in semifinale contro l’Inter, che poi va a vincere il torneo ai danni della Sampdoria che ha tra i pali Gianluca Pagliuca e in avanti un certo Maurizio Ganz. Comunque i viola assommano nel periodo due trionfi (1982 e 1988), così come la Roma (1981 e 1983). Un attaccante straniero su tutti: l’argentino Gabriel Omar Batistuta (1989). Spettacolo anche dal croato Prosinecki e dal portiere Bonner del Celtic. Tra i ‹‹nostri›› Gianluca Vialli, Roberto Mancini, Ciro Ferrara, Angelo Peruzzi, Alessandro Costacurta e Angelo Di Livio. Una bella fetta della storia del calcio italiano. La Versilia come sempre è il primo palcoscenico anche per gli allenatori: in quel periodo vi fecero esperienza Fabio Capello alla guida del Milan con il lancio del giovane Paolo Maldini e Arrigo Sacchi al timone della Fiorentina. Due ‹‹panchine speciali›› che negli anni a seguire faranno scuola in Italia e nel mondo.

 
 

Anni Novanta: ecco Del Piero e Totti
Il Torneo si rinnova e si dilata a 24 squadre. Formula nuova, più squadre, più partite. Cresce l’interesse a tutti i livelli. Con grande sorpresa è il Cesena a timbrare il primo cartellino del decennio. In finale i romagnoli superano il Napoli ed entrano nell’Albo d’oro del torneo. I partenopei ci riprovano l’anno dopo (1991), anche stavolta cedono sul più bello lasciando il gradino più alto del podio alla Roma. Mettere le mani sul prestigioso Burlamacco (il trofeo che ogni settore giovanile vorrebbe mettere in bacheca) è tutto un passaggio di testimone. Fiorentina (1992), poi l’Atalanta che si affaccia sul panorama giovanile italiano con questo sigillo e vi resterà a lungo grazie ad un formidabile ‹‹talent scout›› come Mino Favini. Nel 1994 da Roma arriva già carico di fama un certo Francesco Totti: due sole partite ed un gol per il ‹‹pupone›› reclamato giovanissimo già in prima squadra. Però torna ad esultare la Juventus che confermerà il trionfo viareggino con il successivo scudetto Primavera contro il Torino di Christian Vieri. Tra i bianconeri Alessandro Del Piero è il campione in pectore nel bel mezzo di una squadra assai competitiva il cui regista è Omar Milanetto. Il doppio match di finale con la Fiorentina di Flachi resta tra i momenti più significativi nella storia del torneo. Il golden gol (nei supplementari) su rigore di Alex Del Piero è l’immagine della gioia bianconera. Il passaggio di consegne è tutto torinese. Stavolta (1995) sono i granata che ritornano a veleggiare, mentre il CGC è alle prese con l’indisponibilità dello Stadio dei Pini (sigillato dalla Procura scesa in campo contro il Comune di Viareggio) e con la rabbia del Perugia che cade nel ‹‹tranello›› di una sostituzione nei supplementari, vietata dal regolamento. Ne approfitta la Fiorentina (sconfitta ai rigori) che presenta il reclamo e accede automaticamente, ma senza fortuna, alla finale contro il Torino.

L’edizione del 1996 è tra le più importanti in chiave talenti. Emerge il Brescia di Andrea Pirlo che nella sfida finale supera il Parma di Gigi Buffon. Due futuri campioni del mondo nella loro prima vetrina del Viareggio. L’anno dopo nell’edizione a 32 squadre (in anticipo sul mondiale francese) è la volta del Bari che lascia il secondo posto al Torino. Nel cinquantenario di fondazione la stella è un mediano del Perugia: Rino Gattuso. In segreto lo tratta il Rangers di Glasgow dove ‹‹Ringhio›› emigrerà prima di diventate una bandiera del Milan e della Nazionale. La tradizione del Torino è favorevole, per spirito e combattività, ma anche per la qualità del vivaio. Pellissier, Tiribocchi e Comotto sono gli alfieri di un gruppo che firma il sesto successo contro i brasiliani dell’Irineu. Il 1999 vede sugli scudi il Milan di Mauro Tassotti, gli avversari nell’ultima sfida sono i croati del Varteks. Si va verso il Duemila senza dimenticare altri talenti che hanno impreziosito le edizioni degli Anni Novanta come Alessandro Nesta e Marco Di Vaio nella Lazio, Simone Perrotta nella Reggina, Nicola Legrottaglie e Antonio Cassano nel Bari.

 
 

Duemila: primo decennio targato Juventus
Il torneo apre il nuovo Millennio con due importanti sorprese: primo il CGC dà spazio a 40 squadre sotto le incalzanti richieste di iscrizione, poi il successo dell’Empoli, che all’esordio nella manifestazione supera in finale la grande rivale Fiorentina. E’ l’edizione targata anche Brasile. Sono ben sette i club dal calcio ‹‹bailado››, tra cui emerge il Campinas (terzo) guidato da Careca. Torneo ricco di talenti: Marchionni, Cribari, Tavano, Maresca, Gasbarroni, Sculli, Moretti, Paolo Cannavaro, D’Agostino, Blasi, Amelia e Jeda. L’anno successivo (2001) tocca al Milan alzare la Coppa Carnevale grazie a Ferri, Sammarco, Donadel e Antonini. Per il tecnico Tassotti è il secondo trionfo al torneo. I rossoneri battono in finale i brasiliani del Vitoria. Nel 2002 è boom di nazioni partecipanti: 17. A Viareggio c’è il mondo e il CGC lancia un messaggio di pace, dopo il tragico ‹‹11 settembre 2001››, con la partecipazione appunto del New York, di una squadra palestinese (l’Arab Jerusalem) e di una israeliana (il Maccabi Haifa). Il torneo vede la finalissima tra Inter e Torino. Prevalgono i nerazzurri di Oba Martins, Pasquale e Goran Pandev (scoperto dai nerazzurri l’anno precedente quando partecipò al torneo col Belasica Strumica). Tra i granata invece figurano Marchetti, Quagliarella, Balzaretti e Mantovani. Un’altra finale spettacolare con numerosi talenti in proiezione azzurro e serie A.La Juventus che non vince il torneo dal 1994 (epoca Del Piero) si presenta al via del 56° Torneo di Viareggio, con una squadra competitiva e con alla guida un tecnico emergente come Gian Piero Gasperini. Un binomio che non delude, anche nella prima fase, quando sfugge alle insidie dell’ambizioso Santos. Poi una cavalcata trionfale fino alla sofferta finale contro lo Slavia Praga, piegato solo da un gol allo scadere dell’italo-svizzero Chiumiento. Bianconeri in volo costante con Olivera, Gastaldello, Mirante, Cassani, Paro, Konko e Palladino. Un settebello di giovani talenti che dà ulteriore slancio alla società in proiezione vivaio.

Infatti nel 2004 cambia la panchina bianconera e tocca all’allenatore Vincenzo Chiarenza difendere il titolo. Ci riesce così bene che bisserà anche nell’edizione seguente. La prima volta è una doppia sofferta finale contro l’Empoli (3-3; 3-0). La seconda sfidante è il Genoa, che cede dopo un match non privo di polemiche. Il biennio bianconero è foriero di prodotto interno di alta qualità: Andrea Masiello (viareggino doc), Criscito, Marchisio, De Ceglie, Bentivoglio, Paolucci, Luci, Sebastian Giovinco, Bianco e Volpato.
Ma pure altri club hanno frecce nel loro arco. La Roma con Cerci, Curci, Corvia, Rosi e Galoppa. Il Cittadella con Rubin. L’Inter presenta Andreolli e Meggiorini.
 
Il 2006 apre a 48 squadre (record sotto l’incalzare delle richieste di iscrizione) e vede ancora la Juventus protagonista, almeno fino alla finalissima dove l’aspetta una ‹‹multinazionale sudamericana›› creata in Uruguay da Julio César Ribas, ex allenatore del Venezia. La Juventud (!) de Las Piedras infatti è formata da giovani provenienti anche da altri Paesi del Sud America. Programmata per vincere, già sei mesi prima dell’evento, in effetti dimostra potenza, capacità organizzativa e buona caratura tecnica. Il gioiello è quel Sebastian Ribas figlio del tecnico uruguaiano. Suo il gol che vale la Coppa. Il Burlamacco per la prima volta attraversa l’oceano ed è accolto in Uruguay con grande entusiasmo. Anche in questo il torneo è proprio mondiale.
 
L’edizione dopo Calciopoli (2007) è simbolo di rinascita. Il CGC ne ha ben donde di essere orgoglioso dell’Italia campione del mondo: ben 16 dei 23 azzurri di Berlino, sono passati proprio dal Torneo di Viareggio e poi il tecnico è il viareggino Marcello Lippi. Un segno tangibile della qualità-spettacolo che viene offerta di anno in anno.
 
Scocca l’ora del Genoa trascinato da Forestieri e da Raggio Garibaldi. Per i grifoni liguri è un ritorno alle origini, 42 anni dopo la monetina che beffò la Juventus (1965). La finale contro la Roma di Okaka è un inno all’orgoglio rossoblù. Emergono altri ragazzi d’avvenire come Lanzafame (Juventus), Poli (Treviso), Bonucci e Biabiany (Inter), Koman (Samp).

Tocca alla fantasia e alla potenza di Mario Balotelli far tornare grande l’Inter. L’edizione 2008 è tutta nel segno del talentuoso attaccante interista (passato poi al Manchester City di Mancini) che trascina i compagni sino alla doppia finale contro l’Empoli. Una maratona di otto partite in 17 giorni che non si ripeterà più, perché il nuovo regolamento, che andrà in atto nel 2009, stabilisce la finale unica. Con ‹‹SuperMario››, sugli scudi pure Khrin, Destro, Bolzoni e Obi fra i nerazzurri oltre a quel Ribas jr. che è il primo giocatore straniero ad aver vinto il Torneo con due squadre diverse. Anche il Milan ha il suo bomber in Paloschi e la Juventus mette sul piatto il difensore centrale Ariaudo.

Due anni ‹‹sabbatici›› per metabolizzare la pesante sentenza di Calciopoli e poi la Juventus riprende il suo status di ‹‹grande›› e torna in sella anche tra i giovani. Il torneo è rimodernato in più parti. Finale unica, abolizione della finalina, calendario più cadenzato, panchina da 7 a 9 giocatori, lista allargata a 24 elementi. Nuova anche la denominazione che diventa quella di ‹‹Viareggio Cup World Football Tournament››. Cambia anche il logo della manifestazione. Un restyling adeguato ai tempi per un torneo che deve sostenere la sua etichetta mondiale. Per il CGC è motivo di vanto e orgoglio la Stella al merito sportivo che gli è stata conferita dal Coni. Riconoscimento dopo 60 anni di lavoro in favore dei giovani, un credo che continua nel tempo.

Il CGC oltre al calcio giovanile, infatti gestisce una sezione di atletica leggera, di pallavolo e di basket. Inoltre c’è l’hockey su pista con la squadra che milita brillantemente in A1 e dà spettacolo anche in Europa. Sport a tutto tondo con una realtà ben radicata sul tessuto sportivo e sociale viareggino. Svolta epocale voluta dal presidente Alessandro Palagi, un manager lungimirante che guarda alla comunicazione come ‹‹arma vincente››. Infatti irrompe la Rai con il suo canale satellitare (ora in chiaro con il digitale terrestre) Raisportpiù: 16 partite in diretta, più 3 in differita e i notiziari quotidiani nazionali. Nessun torneo al mondo ha una copertura televisiva di tale portata. Il calcio giovanile nelle case di tutti. Nasce anche il premio speciale del CGC al miglior talento: il ‹‹Golden Boy-Viareggio Cup››. Una creatura-immagine che il CGC covava da tempo.

La 61ª edizione è quella che vive la crisi economica mondiale. Si torna alle 40 squadre. Ma c’è il lancio della web-tv, il torneo è alla portata di tutti. Organizzazione, area stampa e logistica tutta nuova. E sul piano agonistico è la Juventus a prevalere. La finalissima con la Sampdoria è di alto livello tecnico, visto che il vivaio blucerchiato è tornato grande sotto la spinta del direttore generale Beppe Marotta. Il match sorride ai bianconeri che vincono con largo punteggio: 4-1. Il capocannoniere è Daud, ma il primo ‹‹Golden Boy›› va al doriano Guido Marilungo, premiato poi alla ‹‹Domenica Sportiva››. Altri lo hanno seguito sulla strada del successo: Casarini (Bologna), Ekdal e Immobile (Juventus), D’Alessandro (Roma) ed El Shaarawy (Genoa).

Il 2010 vede il via anche della ‹‹Viareggio Junior Cup›› per gli Under 15. Un torneo nel torneo. La Viareggio Cup si allarga ai Giovanissimi, anticipando quelli che saranno poi i futuri protagonisti della manifestazione principale. Il successo è notevole, parimenti all’idea. E a vincere la prima edizione della ‹‹Viareggio Junior Cup›› è la Roma, guidata in panchina da Vincenzo Montella. Nasce anche il nuovo sito internet, un punto di riferimento costante e giornaliero per chi ama seguire il torneo in ogni suo dettaglio. E’ il vero e proprio giornale del Torneo che, con tempestività, va sul web ogni sera entro le 20.30.

Si torna alle 48 iscrizioni, ma soprattutto per la prima volta si possono vedere (pay tv) in differita, sul sito ufficiale, tutte le partite. Innovazione di grande interesse. Sul campo è di nuovo la Juventus che comanda con il supercannoniere Ciro Immobile (record assoluto con 10 reti). La finale con l’Empoli è combattuta specie nel primo tempo, ma le tre reti di Immobile (2° Golden Boy all’unanimità) fanno la differenza nel 4-2 finale. Juventus ‹‹pigliatutto›› anche con Pinsoglio miglior portiere. C’è anche l’emozionante bis del tecnico bianconero Luciano Bruni: nel 1978 aveva vinto da giocatore con la maglia della Fiorentina, 32 anni dopo ugual trionfo, ma sulla panchina bianconera. Per la Juventus cinque successi negli ultimi otto anni, un secondo posto, un dominio quasi totale in questo inizio di Terzo Millennio.

 
 

2011: trionfa l'Inter dei livornesi
La città di Livorno era nel destino della 63ª edizione. Primo perché nel trionfo dell'Inter c'è stata soprattutto la firma del capocannoniere Dell'Agnello e del portiere Bardi. Due ragazzi livornesi che la società nerazzurra ha voluto acquisire per la sua Primavera guidata dall'emergente tecnico Pea. Ebbene i gemelli labronici hanno fatto la differenza: sette reti per il bomber, di cui due in finale contro la quotata Fiorentina (2-0), mentre il portiere, ora titolare in serie B proprio nel Livorno, ha mostrato grande reattività, soprattutto sui calci di rigore. Secondo per via del cambio della sede della finalissima, appunto Livorno. Scelta sofferta, ma obbligata viste le condizioni del campo del «Torquato Bresciani» di Viareggio. Un cambiamento di programma messo in atto in pochi giorni e che ha dimostrato grande capacità organizzativa da parte del CGC. Finalissima con risposta adeguata sugli spalti: oltre seimila spettatori e la diretta su Raisport 1. Sorride l'Inter del presidente Moratti, che ha definito il torneo «La Coppa Campioni dei giovani», un po' meno la Fiorentina arrivata alla conclusione finale dopo un grande torneo. La 63ª Viareggio Cup è stata anche ricca di sorprese, positive e negative. L'esordiente Varese dell'allenatore Mangia, che ha fatto il grande salto in Serie A alla guida del Palermo, ha coniugato tattica e agonismo fino alla semifinale. Il piccolo bomber De Luca (sette gol come Dell'Agnello) ha vivacizzato una squadra ormai tra le top a livello Primavera. Uno spettacolo di organizzazione sul campo. Ne ha fatto le spese, tra le altre la Juventus. Bianconeri strapazzati nel girone di qualificazione, ma capaci di cogliere gli ottavi con un incredibile colpo di fortuna nell'incastro dei vari risultati. Una qualificazione poi certificata dal successo sul Palermo. Quindi lo stop definitivo dalla vivacissima Atalanta nei quarti. Sorprendentemente è andato peggio il Milan, detentore della Coppa Italia Primavera. Rossoneri fuori già nella prima fase. Sempre a Livorno il torneo ha fatto visita alla famosa Accademia Navale con la partita Parma-Nordsjaelland. Un tuffo nella storia, proprio sul campo del primo Livorno, voluto fortemente dall'ammiraglio Rosati e dal presidente Palagi del CGC. Una novità assoluta. Un'esperienza unica in 63 anni di un Torneo sempre più amato in Italia e nel mondo.

 
 

2012: vola la Juventus, onore alla Roma

La Viareggio Cup ha confermato ancora una volta di essere la sintesi del calcio Primavera. Il Torneo mondiale viareggino non tradisce mai i valori in campo. In tutta la sua storia, salvo rarissime sorprese, alla contesa finale arrivano le due più forti. E così è stato per la Juventus, tra le favorite in assoluto della vigilia e la Roma campione d'Italia in carica di categoria. Il potenziale terzo incomodo è stata la Fiorentina che è arrivata a sognare la finalissima fino all'altezza delle semifinali, proprio contro i giallorossi battuti dai viola nella finale di Coppa Italia giocata nella primavera del 2011. A La Spezia è andata in onda una specie di rivincita ad alto impatto emotivo, che si è chiusa solo dopo i calci di rigore. Un risultato che da solo certifica il valore del gruppo guidato dal tecnico De Rossi. Gioco fluido e tattica da professionisti, proprio un bel vedere come si era potuto ammirare in precedenza nei quarti, quando in inferiorità numerica hanno battuto a petto in fuori e in punta di piedi l'ambiziosa selezione di Serie D, annichilita dal delizioso, ma concreto fraseggio romanista.

Di fronte a tale realtà si è trovata la Juventus di Baroni, squadra coi controfiocchi che nei quarti ha trovato un ostacolo duro e «scorretto» nel Club Guaranì. I paraguaiani hanno dato prova di comportamento antisportivo a fine partita. Forse il fatto di essere andati in vantaggio li aveva illusi, poi la reazione bianconera aveva rimesso in linea i valori tecnici. A fine match il buon senso della Juventus, che ha scelto di lasciare il campo da un cancello secondario, ha evitato un rabbioso teatrino di pessimo gusto. In semifinale ecco il lanciatissimo Parma, capace di eliminare Inter (campione in carica) e Torino. Sfida tiratissima risolta da un guizzo di Spinazzola nei minuti finali. L'esterno bianconero ha messo così il basilare tassello per la meritata conquista del 4° Golden Boy-Viareggio Cup.

Dunque Juventus-Roma come nelle previsioni, anzi oltre, perché sul piano spettacolare è stata una delle finali di maggior spessore degli ultimi dieci anni. L'internazionale Bergonzi si è trovato a dirigere una partita dai toni tecnici e agonistici come raramente si può osservare tra gli Under 19/20, a livello mondiale. Nel primo tempo è la Juventus che ha dettato i tempi e i ritmi, sorprendendo la Roma che va sotto di due reti, autori Beltrame e Padovan. La ripresa è targata giallorosso e la speranza di rimonta è firmata da Piscitella, ma un po' di malasorte e le parate di Branescu hanno negato un aggancio più che legittimo. Juventus a quota otto nei trionfi viareggini, il sesto negli ultimi dieci anni. Un dominio figlio della grande programmazione societaria a livello giovanile.

Applausi per tutti, nel ricordo di una finale che rende ancor più grande la Viareggio Cup. Proprio Roma e Juventus si rivedono un mese dopo per la doppia conclusiva sfida della Coppa Italia 2012 e questa volta tocca ai giallorossi alzare il Trofeo, che chiude per loro una stagione da record: quattro finali (Coppa Italia 2011 e 2012, Scudetto Primavera e Viareggio Cup) con due successi. Cavalcata forse irripetibile, ma comunque di grande gratificazione per l'intero settore giovanile romanista.

 

 

2013: vince l'irriducibile Anderlecht, s'arrende il Milan

Per la prima volta alla pari, il confronto tra le 24 italiane e le 24 straniere ha dato ragione all'organizzazione, alla fine «premiata» da un successo di un club d'oltre confine. Un timbro ulteriore sull'internazionalità del Torneo. Il trionfo dell'Anderlecht merita un particolare plauso.

I belgi si sono  presentati a Viareggio con soli 18 giocatori su una possibile lista di 24 e alla faccia di chi lamenta la durezza della Viareggio Cup, mettono tutti in riga con prestazioni sempre in crescendo. Sei vittorie, un'unica sconfitta nella fase di qualificazione contro il Norte America, dove i giovani dell'Ecuador hanno dato vita ad una partita assai combattuta che denuncia la qualità della loro partecipazione.
 
Probabilmente il tecnico belga René Peeters ha fatto buon uso della novità dei cinque cambi a partita e quindi ha distribuito a dovere lo sforzo sul totale dei 7 match. Considerazioni legittime alla luce delle qualità tecniche e agonistiche espresse in campo. Il successo dei belgi comunque non è stato una sorpresa, anche se l'ecatombe delle cosiddette grandi  negli ottavi può aver loro spianato la strada. L'uscita prematura di Juventus, Inter (campione d'Italia Primavera), Roma, Fiorentina e Napoli ha tolto dalla scena sicure protagoniste, ma solo col senno del poi.
 
La maratona dell'Anderlecht è stata costellata di battaglie all'ultimo respiro, come proprio all'altezza degli ottavi quando hanno battuto ai rigori la Lazio, altra big essendo vice-campione d'Italia Primavera in carica. Ed è proprio contro i ragazzi di Bollini che i lilla hanno lanciato un messaggio concreto di possibile finalista. Stesso destino nei quarti contro il Torino. Invece la semifinale contro il Siena, giocata sotto il diluvio di San Giuliano Terme, è stata vinta di misura dopo immane sofferenza.
 
Il Milan dal canto suo ha avuto un percorso meno tortuoso, tutte vittorie e un solo pareggio contro l'Under 17 del Congo a qualificazione già acquisita. I pochi giocatori a disposizione e una fase finale durissima non davano ai belgi i favori del pronostico. Invece hanno tenuto il meglio proprio per la finalissima dove la resa dei ragazzi di Dolcetti è stata netta specie nella ripresa (0-3). Tre gol d'astuzia e di potenza con protagonista assoluto Acheampong che con la sua doppietta ha spianato la strada alla rete conclusiva  di Jaadi. Nemmeno la buona prestazione di Cristante e di Ganz ha potuto arginare l'onda belga iniziata proprio alla Viareggio Cup con l'Anderlecht e terminata sempre nel 2013 con la qualificazione della loro nazionale al mondiale brasiliano.

 

 

2014: Inzaghi firma la rivincita del Milan

Il Milan di 'Pippo' Inzaghi si aggiudica la 66ª edizione della Viareggio Cup ed entra nella storia con nove successi: un primato che lascia alle spalle le altre due grandi titolate Juventus e Fiorentina. Il giovane allenatore si conferma vincente anche dalla panchina della Primavera, come quando era la punta di diamante dell'attacco rossonero. Nel torneo a 36 squadre (32 più la novità delle 4 teste di serie Milan, Inter, Juventus e Fiorentina che entrano direttamente dagli ottavi), è proprio il club milanista a trovare la zampata vincente contro l'Anderlecht. Una finale bis dal sapore particolare.

La squadra belga, partita dalla fase di qualificazione, senza battere ciglio ha conquistato gli ottavi e via via ha superato Inter, Atalanta e in semifinale un grande Palermo sconfitto solo ai rigori. Una battaglia epica quella contro i rosanero. Percorso meno complicato per il Milan, che nella fase finale ha incassato le vittorie contro due qualificate straniere come i croati del Rijeka e i combattivi colombiani dell'Envigado. Spettacolare la semifinale contro la Fiorentina, un match tiratissimo con i viola sotto di due gol che pareggiano (2-2) per poi crollare in contropiede nel finale (4-2). Ed ecco per la prima volta nella lunga storia del Torneo una stessa finale consecutiva. Milan e Anderlecht si ritrovano. I belgi memori del 3-0 dell'anno precedente (ben cinque giocatori hanno giocato poi in Champions League: Roef, Mbemba, Heylen, Dendoncker e Acheampong più Kawaya) tentano di nuovo il colpaccio andando in vantaggio con Leya Iseka a ripresa inoltrata. Un colpo di reni che sembra mascherare la stanchezza delle sei partite già nelle gambe contro le sole tre dell'avversario. E qui il Milan ritrova orgoglio e personalità. Ed è proprio l'elemento di maggior spicco che dà il via alla rimonta. Il bomber Petagna (con esperienza in Serie A) sfodera un gioiello dal limite che porta il match ai supplementari. Partita dura, extra-time in 10 contro 10. Il sorpasso è ad opera di Fabbro entrato dalla panchina: gol ed espulsione (doppio giallo) per eccessiva esultanza. Milan in 9, ma lo scatenato Petagna serve l'assist a Mastalli che sigilla il 3-1. Esultanza in campo e sugli spalti dove il coro «Pippo, Pippo...» arriva fino ai piani alti della società. A fine stagione la chiamata in prima squadra. Dopo Sacchi e Capello, la Viareggio Cup aiuta a guadagnarsi il grande salto.

Dalla gioia alla delusione di altre big come Juventus e Inter, che non onorano affatto la qualifica di teste di serie. Soprattutto i bianconeri con un gruppo di notevole spessore si fanno beffare dal Verona ai calci di rigore. Niente riscatto per gli juventini che l'anno prima si erano fatti eliminare sorprendentemente dalla Juve Stabia. Così va la Viareggio Cup. Dai trionfi firmati da Gasperini, Chiarenza (due), Maddaloni, Bruni e Baroni, a momenti con sfumature di grigio.

È anche l'edizione del giovane gigante Alberto Cerri, che con il Parma conquista la classifica dei cannonieri (sei reti) e con essa il 6° Golden Boy. Subito dopo la convocazione-premio nell'Under 21 di Di Biagio. Viareggio Cup come trampolino di lancio per tecnici e giocatori. Una conferma dello spirito-guida che anima da sempre il Centro Giovani Calciatori che dal 1948 mantiene alto il profilo del calcio giovanile italiano.

 

 

2015: l'Inter nel segno di Bonazzoli

Quattro anni dopo sul podio più alto sale ancora l'Inter. Stavolta tocca all'allenatore Stefano Vecchi programmare e confezionare il trionfo nerazzurro, il settimo nella lunga storia della Viareggio Cup. Torneo con sette successi inanellati senza lasciare scampo agli avversari. A cominciare dalla prima fase dove i quotati belgi del Genk, il rognoso Parma e gli indonesiani del Pro Duta (una specie di derby per il presidente Erik Thohir) non hanno avuto scampo. Punteggio pieno e consapevolezza dei propri mezzi in crescita esponenziale. Il tutto è servito per il passaggio degli ottavi contro la Rappresentativa di Serie D superata di misura dopo un confronto duro, ma corretto: decisivo il debutto del bomber Bonazzoli autore del gol-partita. Di slancio il superamento dei quarti (doppietta di Bonazzoli) ai danni del sorprendente Pescara vincitore del girone 6 e capace di eliminare poi il Genk, venuto a Viareggio per emulare le gesta dell'Anderlecht, ma con minor fortuna.


Il messaggio chiaro e lampante sulla potenzialità nerazzurra è venuto però in semifinale contro la Roma. I giallorossi del decano tecnico Alberto De Rossi non hanno avuto scampo, travolti da un 4-0 che non lascia spazio a recriminazioni di sorta. Una scusante il campo pesantissimo, ma il problema era bilaterale. Steffe, poi ancora Bonazzoli in gol e i due squilli di Appiah. Una vittoria sonante, contro una della favorite della vigilia e soprattutto un messaggio alla concorrenza a nome Hellas Verona guidato da Massimo Pavanel. Gli scaligeri hanno faticato molto negli ottavi e nei quarti dove hanno avuto la buona sorte dal dischetto prima col Genoa e poi col Napoli. Match di rara intensità invece contro la Fiorentina in semifinale: viola subito in vantaggio, ma agganciati e rimontati già nel primo tempo. Per il club toscano l'ennesima delusione proprio alla soglia della finalissima, esattamente come nell'edizione precedente contro il Milan. Semifinale memorabile contro i rossoneri, ma senza gloria al fischio finale. Viola a secco dal 1992, un'eternità per un club che ha una grande storia all'interno della Viareggio Cup.

 

Finalissima che trasloca a Pisa. Pronti via e subito il capocannoniere Bonazzoli indirizza il match in chiave nerazzurra. Hellas Verona che incassa e mostra tutte le sue qualità fino al pareggio di Cappelluzzo nella ripresa che dà slancio alle speranze di Pavanel. L'Inter tiene botta, supera una leggera crisi e confeziona un finale di partita dove Gollini conferma d'essere il miglior portiere della 67ª Viareggio Cup. Ma non basta, perchè a due minuti dal 90' un guizzo di Gyamfi scalda la tribuna nerazzurra dove Roberto Mancini ed il ds Ausilio applaudono l'impresa della loro Primavera.


Tanta Inter dunque, con Bonazzoli eletto «7° Golden Boy» e principe dei bomber a quota cinque col palermitano Bentivegna. Ma è stato anche il torneo che ha visto subito fuori dai giochi il Milan detentore che ha schierato in porta il gigante-bambino (1,96) Donnarumma (25 febbraio 1999). Una scommessa vinta in prospettiva visto che è servita come importante esperienza per il giovanissimo napoletano, ora titolare in Serie A proprio col Milan e con prestazioni che illuminano il suo futuro.


2016: sinfonia Juventus, ecco la nona

Metabolizzato l’anno sabbatico, la Juventus di Fabio Grosso torna alla Viareggio Cup (edizione 68) e subito lascia il segno. Musica bianconera di alto livello dall’inizio alla fine con l’aggancio al record del Milan a quota 9 vittorie. È stato anche un Torneo che passerà alla storia come quello che ha sancito per la prima volta lo sganciamento dal periodo del Carnevale per posizionarsi in quello dei ramoscelli d’ulivo. Ragioni soprattutto climatiche. Addirittura più lungo di due giorni per meglio calibrare il recupero psicofisico delle squadre finaliste. Il passaggio della finalissima dal lunedì al mercoledì è stato voluto fortemente dalla stessa Lega (le società) e dalla Federazione che considera la Viareggio Cup un momento di eccellenza del calcio giovanile italiano e internazionale. Dunque novità epocali sul piano delle date e del regolamento che è spesso soggetto, di anno in anno, a mutazioni in positivo nei riguardi di società e giocatori. Talenti che vanno salvaguardati e che possono diventare campioni assoluti a livello di Claudio Marchisio che nel festeggiare i suoi vent'anni di Juventus ha posto il Torneo di Viareggio come tappa basilare della sua carriera. La Primavera della 'vecchia Signora', sulla scia di questa attestazione, ha preso ispirazione ed ha firmato un successo irto di difficoltà, vedi soprattutto la semifinale in casa dello Spezia, trionfando nel match conclusivo col quotatissimo Palermo trascinato dal capocannoniere Antonino La Gumina (premiato come Golden Boy 2016 e capocannoniere con 9 reti all’attivo, ad un passo dal record di Ciro Immobile). Tra i rosanero anche il valore aggiunto del portiere Leonardo Marson, poi premiato come miglior numero uno della manifestazione.

Sia la Juventus che il Palermo hanno meritato di contendersi il prestigioso trofeo. Arrivata in semifinale dopo aver surclassato prima il Milan agli ottavi e poi il Bologna ai quarti, la squadra bianconera nel penultimo atto del Torneo al Picco di La Spezia ha vissuto un pomeriggio di rara intensità emotiva e agonistica sotto la pressione di talenti come Adija Filipovic e David Okereke, le due punte liguri, autentici spauracchi per tutte le difese incontrate. Infatti si confermano con velocità e tecnica e nel primo tempo portano lo Spezia in vantaggio con un'azione da manuale finalizzata in rete dal croato. E qui intervengono due fattori. Prima Grosso rimedia coi cambi nella ripresa e il conseguente pareggio di Pol Lirola, e poi lo Spezia che si fa male da solo in due occasioni: autorete di Alessandro Schiattarella e a seguire il rosso a capitan Stefano Antezza. Bianconeri sul velluto, ma solo in apparenza visto l’orgoglio spezzino che viene premiato dal colpo di tacco di Maggiore al 95’ su azione da corner. Colpo da teatro che rimette tutto in gioco. Poi i titoli di coda dicono che al 12° rigore passa la Juve, ma grande merito ai ragazzi di Fabio Gallo, protagonisti fino all’ultimo.
 
Vittorioso di misura su Genoa (ottavi) e Virtus Entella (quarti), il Palermo dal canto suo merita la prima finalissima della sua storia dopo aver combattuto strenuamente con l’Inter campione in carica in semifinale. Nerazzurri sorpresi dalla partenza a razzo degli avversari che segnano 3 gol nei primi 17’ di gara (doppietta La Gumina e gol di Maddaloni). La reazione dei ragazzi di Stefano Vecchi è veemente ma porta solo alle reti di Bright Gyamfi e José Correia e ad un finale carico di nervosismo con una sarabanda di cartellini rossi tra campo e panchina. Largo dunque al Palermo che nella precedente edizione aveva eliminato nella prima fase il Milan con in porta l’allora sedicenne Gianluigi Donnarumma.
 
L’atto finale è altrettanto intenso come i precedenti. Juve avanti due volte con Grigoris Kastanos e Guido Vadalà (rigore) e sempre ripresa dal bomber La Gumina (seconda rete su penalty). Senza tregua quando al terzo dischetto indicato dall’internazionale Paolo Valeri si posiziona il bianconero Di Massimo che di fatto assegna il titolo alla Juventus decidendo il 3-2 contro l'ottimo Palermo di Giovanni Bosi.



2017: sorpresa Sassuolo, una squadra... rigorosa!

L'edizione numero 69 della Viareggio Cup è stata un inno al sano calcio di provincia, dove l'ingegno e la metodica nella valorizzazione del settore giovanile sono un 'credo' che continua nel tempo e dà sostanza ai programmi societari: non solo c'è stato il primo storico successo del Sassuolo ma anche l'Empoli è stato il degno finalista.
Fra le squadre straniere la più intraprendente e ricca di individualità è stata il Bruges che dopo aver eliminato i campioni uscenti della Juventus e il Napoli sembrava destinato ad arrivare fino in fondo, non facendo i conti però coi ragazzi dell'Empoli.

Anche il Torneo 2017 è stato a 40 squadre, con 23 formazioni italiane e 17 straniere. Nel girone eliminatorio, subito una grandissima novità: la prima rete nordcoreana realizzata nella storia della manifestazione, grazie alla prodezza di Han Kwang-Song con la maglia del Cagliari nella vittoriosa sfida (4-1) contro il Parma sul campo di Larderello. Han, dopo poche settimane, debutterà anche in Serie A andando a segno contro il Torino: un'ulteriore conferma che la Viareggio Cup è il trampolino di lancio visto che poi il ragazzo è diventato un uomo-mercato.

Gli ottavi e i quarti di finale sono la 'Caporetto' delle formazioni italiane che sulla carta godevano dei favori del pronostico: agli ottavi escono in un colpo solo Fiorentina, Juventus e Milan; nei quarti la stessa sorte tocca al Napoli all'Inter e all'Atalanta. Alla fase finale accedono Empoli, Bruges, Sassuolo e Torino.

Il Sassuolo poi campione parte in sordina: nel suo girone arriva secondo con il Bologna (stessi punti ma peggior differenza reti). Poi dagli ottavi di finale in avanti elimina Fiorentina, Inter e Torino, sempre ai calci di rigore. E sempre con la stessa moneta, dopo una spettacolare finalissima terminata sul 2-2 dopo i tempi regolamentari e dopo i supplementari, i neroverdi hanno la meglio dell'Empoli: decisiva la realizzazione dell'attaccante Scamacca che nei 90 minuti aveva già firmato il gol del 2-2. Il Torneo va in archivio anche coi riconoscimenti per il capocannoniere Karlo Butic dell'Inter e per Carlo Manicone, Golden Boy della manifestazione.

 

 

2018: trionfa l'Inter, il Torneo è ancora un paese per... Vecchi

Nonostante si fosse presentata all'appuntamento con la 70ª edizione della Viareggio Cup senza alcuni giocatori infortunati o impegnati nelle Nazionali giovanili (su tutti il fantasista Nicolò Zaniolo), l'Inter è riuscita a centrare il suo ottavo successo, tornando sul gradino più alto del podio del Torneo giovanile dopo tre anni. Il cammino della formazione nerazzurra allenata da Stefano Vecchi è stato esemplare visto che dopo avere concluso a punteggio pieno il girone eliminatorio (tre partite, altrettanti successi contro Parma, Salernitana e Apia Leichhardt), ha poi superato la Pro Vercelli negli ottavi (ai calci di rigore), il Genoa nei quarti, ancora il Parma in semifinale, quindi la Fiorentina in finale, rinnovando un duello – in chiave “Viareggio Cup - Coppa Carnevale” – iniziato molti anni fa. Sarà 2-1 il punteggio della finalissima, decisa ai tempi supplementari da un gol del giovanissimo Vergani. L'atto conclusivo è stato molto intenso, ricco di gioco e con una splendida cornice di pubblico allo stadio dei Pini che ha fatto rivivere i momenti storici e più appassionanti della rassegna.

Per la Fiorentina, che pure aveva ben impressionato (da ricordare il 4-1 in semifinale inflitto alla Juventus ed il lancio in orbita del giovane attaccante Gabriele Gori), è l'ennesima conferma che la Viareggio Cup sta diventando un vero e proprio tabù visto che i viola non la vincono dal 1992, pur essendo nella parte nobile dei plurivittoriosi della manifestazione. La Juventus, menomata da alcune assenze importanti, ha disputato un buon Torneo (in evidenza l'attaccante Kulenovic, capocannoniere dell'edizione 2018) ma poi si è arresa ai viola in semifinale. Bene anche il sorprendente Parma mentre fra le squadre straniere quella che aveva maggiormente impressionato, per qualità tecniche e padronanza di gioco, era stato il Rijeka, formazione croata che – rivisto oggi – può esser stata, con il suo rendimento (uscita ai quarti di finale, sconfitta di misura dalla Juventus), una sorta di antipasto di quel che ha mostrato poi il calcio croato con la nazionale biancorossa ai Mondiali di Russia 2018. Nei quarti di finale, contro la Fiorentina, si era fermata invece la corsa dei campioni in carica del Sassuolo.
 
Ricapitolando: un Torneo che si è colorato di nerazzurro ma che ha proposto all'attenzione generale diversi ragazzi ma anche tecnici che nel proseguo della stagione e nel successivo mercato estivo sono stati assoluti protagonisti. E la storia della Viareggio Cup continua...
 
 

2019: torna a vincere il Bologna, il bis dei rossoblù arriva dopo 52 anni

Un’edizione, la numero 71 della Viareggio Cup - Coppa Carnevale, che verrà ricordata per la partenza in salita (dal punto di vista organizzativo) dovuta all’indisponibilità dello stadio dei Pini “Torquato Bresciani”, certificata e confermata solo pochi giorni prima del fischio d’inizio della gara inaugurale che metteva di fronte i campioni in carica dell’Inter e i portoghesi del Braga. Ma anche in questa occasione il Cgc Viareggio con grande praticità (… e non senza sacrifici) è riuscito a trovare la soluzione, spostando il ‘grosso’ della manifestazione alla Spezia: il debutto del Torneo – preceduto dalla lettura del giuramento di Fabio Quagliarella – è dunque avvenuto allo stadio “Alberto Picco” di La Spezia. Così la città ligure è diventata una solida alleata del Cgc Viareggio fino alla finalissima.

Il titolo è andato – non senza un moto di sorpresa – al Bologna che nell’incontro decisivo, dopo i tempi regolamentari e i supplementari, è stato più preciso e freddo ai calci di rigore nella sfida tutta rossoblù (ma inedita per una finale) con il Genoa. Fin dalla fase eliminatoria comunque la formazione felsinea aveva dimostrato qualità di spicco e un’ottima organizzazione di gioco vincendo il girone 4 a punteggio pieno. Anche il Genoa era partito con il piede giusto imponendosi nel girone 9. La fase eliminatoria a gironi, oltre a Bologna e Genoa, aveva visto la qualificazione agli ottavi (ad eliminazione diretta) anche di Inter, Braga (Portogallo), Empoli, Bruges (Belgio), Athletico Paranaense (Brasile), Torino, Parma, Sassuolo, RFS (Lettonia), Milan, Berekum Chelsea (Ghana), Fiorentina, Dukla Praga (Repubblica Ceca) e Rappresentativa di Serie D. Gli ottavi hanno visto la caduta di due ‘grandi’ come Milan e Torino ed il passaggio ai quarti per la prima volta di una formazione africana: i debuttanti ghanesi del Berekum Chelsea. E nei quarti, il Berekum è andato vicino all’impresa, venendo sconfitto dal Genoa ai calci di rigore. Quarti fatali anche a Inter e Fiorentina (le due finaliste dell’edizione precedente, superate rispettivamente dai belgi del Bruges e dal Parma) oltre che ai portoghesi del Braga, sconfitti dal Bologna.

Semifinali ad appannaggio del Genoa (3-2 sul Parma, con sugli scudi il giovane Flavio Junior Bianchi, a cui andrà poi il premio «Golden Boy») e del Bologna (successo ai rigori con il Bruges). E sempre ai rigori, con la parata decisiva del portiere Fantoni sulla conclusione del genoano Petrovic, il Bologna ha vinto il Torneo tornando a scrivere il suo nome nell’albo d’oro del 'Viareggio' dopo ben 52 anni: l’ultima volta nel 1967, 3-2 alla Fiorentina. 

 
 
Loris Marzocchi

 

PS. Questa riassuntiva storia del Torneo nasce dall’esperienza personale, che parte dall’inizio degli Anni Novanta come inviato di Tuttosport e dalla documentazione fornita dal CGC, tra cui gli Almanacchi dei colleghi viareggini Massimo Guidi, Roy Lepore, Giovanni Lorenzini e poi Simone Ferro, Gabriele Noli, Simone Pierotti.










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